Il convegno “Maternità e successo sportivo”, tenutosi questo martedì 18 giugno a Madrid presso la sede dell’Asociación de Futbolistas Españoles (AFE), segna una svolta epocale nel calcio femminile spagnolo.
L’evento, parte di una serie di conferenze organizzate dalla Federazione, ha affrontato una questione capitale per le calciatrici, e anche per le atlete in generale: come ritrovare la condizione fisica ottimale per tornare a competere ai massimi livelli dopo una gravidanza. “Le donne possono fare tutto”, una frase tanto potente quanto riassuntiva, che risuona come un mantra al termine della giornata di martedì.
La tavola rotonda è stata aperta da Ángel Rodríguez, condirettore del dipartimento legale dell’Associazione, che si è soffermata sul contesto giuridico relativo alla maternità e alla conciliazione familiare, partendo da quanto stabilito nello Statuto dei Lavoratori, analizzando le disposizioni ed i diritti ivi stabiliti. Con grande personalità e professionalità, Rodríguez ha sottolineato il lavoro svolto dal sindacato nel primo contratto collettivo dei calciatori di Prima Divisione e quello che attualmente si sta negoziando per migliorarlo. Tra le proposte degne di nota vi è l’introduzione di un protocollo per monitorare i casi di gravidanza, abilitare una sala allattamento nei luoghi di formazione, implementare un servizio di asilo nido per i bambini sotto i 3 anni, assistenza fisica e mentale dopo il parto.
“La maternità e la conciliazione tra lavoro e vita privata devono sempre andare di pari passo come l’adattamento della giornata lavorativa alla nuova vita di un’atleta incinta o che è stata madre, poiché ha una relazione specifica come quella di lavoratore. Dobbiamo quindi andare avanti sotto questo aspetto” ha affermato Rodrìguez.
Le ha fatto da eco María Alharilla, calciatrice del Levante UD della Liga F e madre, presente anch’essa al convegno: “Non pensavo solo a recuperare, pensavo a giocare di nuovo ai massimi livelli. Considero la salute mentale molto importante , perché essendo madre puoi pensare che non tornerai come prima. Mi ci è voluto un anno per recuperare il mio livello massimo. Adesso l’ho raggiunto ed è per questo che mi è chiaro che puoi essere una madre e una calciatrice professionista”.
Le donne non dovrebbero rinunciare a essere madri e atlete e l’AFE si propone come l’istituzione pioniera di effetto trainante, che alla lunga possa rendere più facile la vita delle atlete di altre specialità. Le atlete sono innanzitutto donne e come tali reclamano diritti umani di base per non rinunciare alla maternità o associare ad essa la paura di non ricevere il sostegno adeguato dai club e dalle Associazioni competenti.