FIFpro è il sindacato mondiale dei giocatori e delle giocatrici che il passato 15 Dicembre ha pubblicato il primo studio sul calcio femminile dedicato all’analisi delle condizioni del mondo del lavoro delle giocatrici, il Global Employment Report.
Tale studio ha preso in considerazione i paesi che per il momento guidano il settore calcistico femminile cioè Inghilterra, Francia, Germania, Svezia e Stati Uniti.
L’obiettivo di tale analisi era quello di evidenziare i punti di forza ma anche i punti deboli del calcio femminile e soprattutto dare maggiore visibilità al movimento, tanto che nello stesso report, i dirigenti di FIFpro (Theo Van Seggelen e Caroline Jönsson) riferendosi ai problemi del calcio femminile, hanno scritto: “la lezione più dolorosa che stiamo apprendendo è che se le loro storie vengono nascoste, è più facile negargli i loro diritti”.
Lo studio ha pubblicato numerose statistiche e tra le prime presentate ci sono quelle che mettono in risalto una differenza evidente rispetto al calcio maschile: il 69% delle ragazze ha un’età media tra i 18 e i 23 anni, percentuale che fa del calcio femminile uno sport giovanissimo. L’84% delle giocatrici ha finito le scuole superiori, mentre il 30% delle ragazze ha ottenuto una laurea, differenza abissale con il calcio maschile se pensiamo, ad esempio, a Christian Puggioni, portiere della Sampdoria e studente di giurisprudenza, che in passato dichiarò: “I libri in ritiro non erano graditi, dovevo concentrarmi solo sulla partita [1]”.
Statistiche che poi dimostrano lo spirito di sacrificio delle giocatrici sono il 46% delle ragazze che combinano l’attività sportiva con una carriera di studi e il 30% delle atlete che al calcio, aggiunge un’attività lavorativa secondaria. A parte i dati che evidenziano lo sforzo e la passione delle giocatrici, ci sono anche quelle percentuali che in un primo momento potremmo considerare negative e che influiscono sulle condizioni di lavoro: solo il 53% delle ragazze ha un contratto scritto e il 15% non conosce nemmeno la possibilità di firmare un contratto.
Nello studio viene dimostrato che le ragazze spesso accettano contratti a breve durata o accordi verbali che producono un’enorme insicurezza lavorativa caratterizzata da condizioni di lavoro svantaggiose. Dei contratti esistenti, la maggior parte (il 47,3%) è un contratto di lavoro, mentre il resto delle giocatrici possiede un contratto amatoriale o un contratto di lavoro autonomo. Anche per quanto riguarda gli stipendi i dati sono negativi: il 60% delle giocatrici ha uno stipendio inferiore o pari ai 600$ al mese, il 39% tra i 600 e 2.000$, mentre solo l’1% guadagna intorno ai 8.000$; a questi dati si deve aggiungere il 37% delle ragazze intervistate che lamenta un ritardo nei pagamenti e il 9% di queste ultime denuncia un ritardo di oltre tre mesi.
Tali statistiche che come detto potremmo considerare negative in un primo momento, non devono far abbattere nessuno: solo il fatto che FIFpro abbia pubblicato il primo studio interamente dedicato alle donne è una vittoria e significa che qualcosa sta cambiando. Inoltre, dati alla mano, il calcio femminile è un settore con enormi margini di miglioramento, poiché se per esempio, il numero delle giocatrici con un contratto si fosse avvicinato al 100%, non ci sarebbe stato spazio per migliorie normative.
Ad oggi, la maggior parte delle calciatrici vive una situazione lavorativa caratterizzata da un’evidente incertezza giuridica che sarà superata con la standardizzazione internazionale delle condizioni di lavoro delle ragazze e da salari minimi.
Il calcio femminile si differenzia ancora dal calcio maschile in diversi aspetti, determinati dalla differente evoluzione economica, sociale e politica che il calcio delle ragazze ha subìto. L’aspetto che però non può essere diverso è quello relativo alle condizioni di lavoro e alle norme lavorative che regolano il calcio femminile.
[1] A.Gozzini, “I laureati della Serie A, Chiellini tra i top cinque”