Per la rubrica “A pranzo con l’Ospite” abbiamo avuto il piacere di intervistare in esclusiva Valeria Ancione.
Abbiamo scambiato qualche battuta con l’inviata della testata Corriere dello Sport che segue da giornalista e da scrittrice le vicende del calcio femminile che sulla Serie A sottolinea: “La solita serie A ma con una novità, la Juventus non è in testa. Solita perché è un campionato per ricchi, questo va detto succede ovunque solo che questa volta, con così poche squadre, esistono due blocchi definiti: 5 sopra e 5 sotto. La Roma al comando è oggettivamente la squadra più bella, più rinforzata, direi la più pensata per gli obiettivi e sta rispettando le attese. Delude il Milan che perdendo diversi traguardi nelle ultime due stagioni mi sembra sia alla ricerca di un’identità smarrita. L’Inter cresce lentamente. La Fiorentina ha avuto un inizio splendido e un assestamento altalenante con prestazioni dolorose e inspiegabili. Nella parte bassa, in positivo e in negativo sorprendono rispettivamente Pomigliano e Sassuolo”.
La giornalista palermitana, professionista dal ’96, sulla prova offerta in Champions da Roma e Juve ci dice: “La Roma da debuttante è andata finora benissimo, con sicurezza e convinzione, agevolata anche da un buon girone e con l’approccio mentale giusto. Sorvolo sulla vergogna che nella Capitale non si sia trovato un campo disponibile e a norma. Ora giocherà i quarti all’Olimpico, stadio troppo grande e non siamo in Spagna! La Juventus esce con la soddisfazione di aver fatto faticare il Lione, non è poco, ma non basta. E sì, andare avanti in Europa dice che stiamo crescendo, ma il nostro è un campionato infarcito di straniere, quindi la Champions non può essere la sola misura della nostra crescita. La forza di un movimento viene dalla base, dovremo aspettare ancora qualche anno affinché sia forte e numerosa come quelle delle big europee. Da noi non è ancora pronto il ricambio generazionale”.
L’intervistata, uscita in libreria nel 2022 con “Il resto di Sara”, al calcio femminile per questo 2023 poi augura: “Auguro di andare avanti, di non accontentarsi. Non dimentichiamo che il professionismo riguarda solo dieci squadre, cioè tra 200 e 250 calciatrici ipotizzo. Poco per gridare vittoria. Il riconoscimento di certi diritti dovrebbe prescindere dal professionismo. Per una donna che in serie A avrà la maternità garantita ce ne sarà una in serie B che non l’avrà. La battaglia per il professionismo è stata sacrosanta però non è conclusa perché temo che abbia creato una discriminazione di serie, cioè di categoria. Penso poi che le società non fossero pronte a sostenerla, lo dice la classifica stessa del campionato. E non ho mai creduto che fosse il professionismo ad alzare il livello, come sento dire. Il livello lo alza chi investe e investe chi ci crede: troppi ancora, tra cui presidenti di club di A e B, sottovalutano e sottostimano le potenzialità del calcio femminile”.