Per la rubrica “A pranzo con l’Ospite” abbiamo avuto il piacere di strappare qualche battuta intervistando in esclusiva Giulia Domenichetti.
L’ex calciatrice della Nazionale apre parlando dell’ultima uscita delle Azzurre contro l’Islanda:
“La strada si è fatta in salita anche contro l’Islanda, purtroppo. Dopo la gara con la Francia non era facile mentalmente reagire e restare in partita. Piano piano ci siamo espresse per quelle che sono le nostre potenzialità; mi è piaciuta molto Simonetti: penso ci abbia dato qualità, intraprendenza e personalità. Ancora è tutto possibile, dobbiamo solo pensare a vincere contro il Belgio”.
Sul match contro la Francia, invece, il nuovo tecnico del San Marino aggiunge:
“La Francia è una delle migliori squadre in Europa, forse per certi versi la migliore. Ha doti fisico-atletiche e individuali uniche, nei duelli, per esempio, le francesi sono devastanti. Questo rende questa squadra una delle peggiori da affrontare. L’Italia senza dubbio è incappata in una giornata poco brillante; è stato un brutto esordio ma purtroppo può capitare”.
L’ex centrocampista, con trascorsi tra Senigaglia, Torres e Florentia, sottolinea poi la crescita di interesse verso il femminile:
“L’Italia si è innamorata del calcio femminile durante il Mondiale del 2019 anche perché si era lavorato già bene dal punto di vista mediatico. Direi c’è stata, quindi, più che un passo in avanti grande continuità e questo è stato importante per il movimento”.
In carriera per la classe ’84 nata ad Ancona anche 87 presenze in maglia Azzurra, tra il 2005 ed il 2014, con 6 reti all’attivo:
“Vestire la maglia della Nazionale è indescrivibile, è stata come una droga per me ma una droga che fa bene. La reputo una di quelle cose che, una volta appesi gli scarpini al chiodo, ti mancherà per sempre”.
La chiusura della Domenichetti è sul passaggio al professionismo:
“I sacrifici sono stati tanti in passato, per calciatrici come me ma ancora di più per quelle che ci sono state prima. Se ne è parlato tanto in questo periodo. Nelle categorie minori c’è ancora chi ne fa tanti e c’è da pensare anche a loro ora. Quel che cambia è che adesso iniziamo ad avere, innanzitutto, le condizioni per crescere e competere con il resto d’Europa; cambia che un’atleta che pratica questo sport ad alto livello ora può davvero dire che sia il suo lavoro. Prima non era così. L’altro giorno ero ad una premiazione e una ragazzina, quando le hanno chiesto che sogni avesse, ha risposto ‘che il calcio diventi il mio lavoro’. Ora è possibile”.