La pandemia ha di sicuro causato molte problematiche legate alla salute delle persone, ma non solo a livello fisico ma anche mentale.
Da una ricerca sviluppata da Women in Football e condotta da Sports Marketing Surveys, emerge che quasi il 60% delle donne coinvolte nel calcio femminile ha affermato che il propio stato mentale è stato impattato in maniera negativa dalla crisi del corona virus e come a differenza dei colleghi maschi, più di tre quarti hanno riportato che i trattamenti ricevuti sono stati diversi arrivando a parlare di “sessismo istituzionale”, oltre che una cultura “maschilista”.
Prendendo a campione diverse organizzazioni, sono comparse esperienze di razzismo, discriminazione e molestie. Inoltre, differenze salariali con donne che guadagnano il 15% in meno degli uomini o donne che a causa della crisi sono state lasciate senza lavoro a differenza dei colleghi maschi.
Jane Purdon, amministratrice delegata di Women in Football, ha affermato che migliaia di donne erano sotto considerevole pressione: “Il calcio inglese non potrebbe esistere senza le donne – ha senso ascoltare. […] Siamo appena usciti da un fantastico weekend, guidato da The FA, sfruttando il potere del calcio per avviare importanti conversazioni sulla salute mentale. Le organizzazioni calcistiche dovrebbero controllare il proprio personale, perché la loro salute mentale sta soffrendo”.
La ricerca ha studiato l’impatto di Covid-19 sulle donne che lavorano in tutti i settori del calcio, da manager, giocatrici, ufficiali di gara, direttori, media, vendita al dettaglio, contabilità, biglietteria e legali. Quasi un terzo delle donne ha affermato che la loro retribuzione era diminuita durante la pandemia nonostante il fatto che un numero maggiore di persone avesse visto aumentare il proprio carico di lavoro anziché diminuirlo. Un totale del 78% ha ritenuto che i cambiamenti nella loro organizzazione avessero colpito uomini e donne in modo diverso.
La pressione del lavoro e dell’assistenza all’infanzia le ha inoltre resi vulnerabili alla ridondanza rispetto agli uomini o ai colleghi senza figli. “C’era già uno squilibrio nel supporto al gioco delle donne, ora sembra che ci saranno ancora più giustificazioni per spingerci più indietro”, ha detto una lavoratrice.
C’era preoccupazione, oltre a un cauto ottimismo, per il futuro del calcio femminile. L’attenzione rivolta al recupero del gioco professionistico maschile e all’attuale mancanza di visibilità per lo sport femminile è stata evidenziata, ma era evidente la paura dei licenziamenti in tutti i settori del gioco. Solo il 40% degli intervistati ha ritenuto che il proprio lavoro fosse sicuro e esattamente la metà pensava che le opportunità future nel calcio sarebbero state limitate.
Credit Photo: Fabrizio Brioschi