Cuore in mano e grinta vera che limpida scorge da quegli occhi, da cui tutti ci siamo ritrovati e riconosciuti nel mondiale di quest’estate in Francia.
Oggi come allora e meno di domani.
Queste sono state le impressioni che hanno da sempre dettato legge tra le gesta delle azzurre, pronte nel ricevere a Palermo la Bosnia in questa marcia di qualificazioni agli Europei 2021, a pochi giorni di distanza dalla vittoria contro il Malta.
La classifica del Girone B vede difatti le azzurre in vetta, insieme alla Danimarca, ma senza aver convinto più di tanto in termini di prestazione in campo nelle apparizioni precedenti. I successi esterni erano arrivati con un po’ di insolita fatica contro Israele, Georgia e Malta, in cui si sono realizzate sei reti e subite due, e che avevano evidenziato una condizione ancora non perfetta delle nostre portacolori, probabilmente dettate dall’inizio di stagione in cui le stesse ancora devono trovare il giusto passo e la giusta condizione atletica. Quella mancata ferocia e un po’ di precisione nella metà campo avversaria e sotto porta avvenuta contro le maltesi, è stata però ritrovata contro la Bosnia.
Le luci della ribalta del calcio femminile italiano, culminate ad un passo ai quarti di finale raggiunti nel mondiale di Francia, stanno oggi evidenziando come la selezione tricolore non è più considerata e vista dagli avversari come un “outsider” ma una compagine tra le migliori otto al mondo.
Il vero obiettivo, quindi, sarà quello di concentrarsi al massimo in vista della continuazione di questo percorso europeo per non avere sorprese e continuare su quel credo calcistico femminile, che finalmente sta prendendo corpo.
Se è vero che il calcio non è una scienza esatta, però, è altrettanto opportuno ribadire il concetto che sta alla base di ogni disciplina sportiva: la consapevolezza. E mai come oggi, questo dato sembra essere stato acquisito ed assorbito perfettamente dalle ragazze di mister Bertolini. Consapevolezza e obiettivo comune, requisito essenziale e strumento capace di permettere il raggiungimento di ogni risultato collettivo e quindi individuale, tant’è che tutto questo ha portato anche alla prima convocazione in azzurro di Giada Greggi, che al 79° del match di ieri ha preso il posto di Martina Rosucci a centrocampo.
Il calcio si sa, è un gioco collaborativo, e il “fare gruppo” di queste ragazze ormai sta diventando il mantra essenziale capace di abbracciare e precedere concetti che stanno alla base come la tattica, la preparazione fisica e la tecnica e che inevitabilmente vengono da sé.
Sì, perché se le “Ragazze Mondiali” sono state capaci di esaltarsi dal punto di vista della solidità mentale dettando legge con manifesta superiorità territoriale e devota attenzione ad ogni singolo passaggio in campo in quello che è considerato il “teatro dei sogni”, ovvero il Mondiale, oggi davvero si può pensare ad una ri-trovata mentalità europea stabile, capace di sovvertire le solite conclusioni degli ultimi anni, ovvero quelle in cui sono state definite apparizioni “poco coraggiose” in Europa della Nazionale Italiana.
Questa, invece, è una Nazionale femminile che vince, convince e rafforza la leadership nel proprio girone di in vista delle Qualificazioni. Una festa avvenuta davanti al pubblico di casa del Renzo Barbera di Palermo contro la Bosnia, tra più di cinquemila tifosi che hanno saputo urlare tutto l’orgoglio ed incitare sugli splati incessantemente le proprie beniamine ben oltre il novantesimo. Una gran bella e convincente interpretazione per la squadra di Bertolini: perfetta, precisa e consolidata grazie ad un 4-4-2 e alcune modifiche apportate rispetto all’undici iniziale della sfida precedente contro il Malta.
L’approccio azzurro, diverso rispetto al match di soli cinque giorni fa, è stato visibile già a partire dai primi minuti della prima frazione di gioco, grazie ad una propensione di squadra offensiva, vivace e propositiva capace di trovare il vantaggio appena soli quattro minuti dal fischio iniziale con la solita rete di una cinica Girelli innescata dall’ispirata Rosucci, che dal vertice sinistro dell’area, con cinismo e classica freddezza, serve perfettamente l’attaccante bianconera per siglare così, la sua trentasettesima gioia azzurra.
L’ardore azzurro e l’impeto del gruppo vengono subito premiati dal vantaggio iniziale che consente alla Nazionale di condurre la gara con un passo di maggiore sicurezza e serenità nei minuti restanti la ripresa, visibili da un giro palla abbastanza fluido e da una padronanza del campo abbastanza indiscussa. Nella ripresa infatti, le “Ragazze Mondiali” hanno saputo controllare e dettare di più e a piacimento i tempi, con una buona fase in costruzione di gioco ed un reparto difensivo mai realmente chiamato in causa, dato che il gioco avversario veniva puntualmente anticipato e spezzato sul nascere.
Non sono mancati neppure i brividi del quasi raddoppio sfiorato a più riprese dal forcing in avanti della solita indomabile Giaginti e dalle varie incursioni pericolose della Giugliano, che finalmente trovava gloria al ventottesimo del secondo tempo grazie ad uno spiovente di Aurora Galli, pronta ad innescare la centrocampista giallorossa davanti alla porta avversaria: destro ad incrociare da distanza ravvicinata, ed estremo difensore bosniaco trafitto per la seconda volta.
Si è trattato dunque di una grandissima prova di maturità per le azzurre, che ora si vedono tra le favorite, in testa insieme alla Danimarca e a punteggio pieno nel girone all’indomani di Inghilterra 2021.
Il gruppo è forte, i rincalzi valgono tanto quanto le titolari e la difesa si dimostra essere un vero bunker.
Un dato che non può passare inosservato e che di certo non può rappresentare una casualità. Una rosa così compatta capace di abbinare equilibrio, qualità e una ventata di nuove idee, d’altro canto, non può che sognare.
E se una buona difesa è stata l’arma ritrovata in queste apparizioni, seppur chiamata poco in causa, è chiaro come il centrocampo azzurro sia stato il reparto che meglio ha funzionato all’interno di un sistema ottimo, e che ha letteralmente funzionato da ottimo filtro per un attacco ormai ben collaudato permettendo di vincere la partita. La distribuzione in fase di possesso infatti ha offerto un’Italia simmetrica, come da buona tradizione, con la Rosucci più avanzata e Yaya Galli spesso sulla stessa linea di Giugliano di circolazione e liberandone la corsa in avanti.
Mister Bertolini ha permesso di far esprime al meglio il materiale tecnico di prima qualità improntando la squadra ad una filosofia ben precisa. Per quanto non esista un modo migliore di un altro o una strada più facile per vincere, esistono sì maniere di giocare più appropriate alla rosa a disposizione, ma soprattutto il modo di applicarle con consapevolezza. La consapevolezza, esatto, quella che ha acquisito definitivamente questa squadra. Quella del gruppo e dell’unione, che ha permesso di guardare l’avversario con serenità senza fare distinzioni.
L’approccio conservativo e statico degli anni precedenti ha finalmente liberato spazio ad uno che assecondasse il salto di qualità tecnico e soprattutto mentale raggiunto quest’estate, come noto, ai mondiali di Francia.
Bastava essere semplicemente più attenti il giorno prima della manifestazione e guardare negli occhi queste ragazze, per capire che avrebbero portato a casa un risultato capace di andare al di là di ogni obiettivo sportivo.
La convinzione di non avere qualcosa in meno rispetto a niente e nessuno. Come dalle stesse più volte sottolineato. Nessun riferimento all’avversario di turno. E questa è una condizione in cui la cognizione dell’essere gruppo in questo caso si fa interiore, profonda, perfettamente armonizzata col resto della persona, in un essere tutt’uno e coerente.
E questa caratteristica, soprattutto nel calcio, non si può inculcare: non è un dato o una nozione. È la costruzione originale del proprio modo di rapportarsi col campo, capace di elevare la calciatrice al di sopra della piana “informazione” tecnico-tattica. È il caso della consapevolezza del rischio, che non frena ma rende accorti; della consapevolezza delle proprie capacità, che orienta ed entusiasma, della consapevolezza della forza, che rende invulnerabili.
E il tutto, non può che confluire in un concetto essenziale: le partite si vincono negli spogliatoi, e queste ragazze, che molti hanno scoperto solo quest’estate in Francia, ne hanno dato la giusta riprova giocando un calcio convincente, concedendo meno di niente e lanciando un ulteriore guanto di sfida all’élite europea.
Se questo basterà per portare a casa qualcosa di più ambìto a livello di trofei non si può sapere, ma almeno si ha la certezza che questa squadra abbia solcato con certezza l’inizio di una nuova era calcistica.
Esistono tuttavia sguardi ed emozioni che ci chiamano da lontano. Non ne conosciamo la ragione, ma sappiamo soltanto che seguendo quel loro richiamo, ritroveremo inevitabilmente un pezzo della nostra stessa passione, della nostra anima. Per quanta attenzione ne riponiamo, ci trattengono. Abbiamo lasciamo pezzetti di noi stessi su quegli occhi pieni e traboccanti di speranza: piccoli stracci e brandelli della nostra vita che inseguono lo stesso credo.
Noi tutti ci siamo ritrovati in quegli sguardi.
E come giustamente qualcuno affermava: “Alcuni occhi sono un enigma. Altri una spiegazione.”