La risposta non è così scontata, oppure facile, se non con i dati ufficiali alla mano: secondo quanto riportato dai report della “FIFA” il calcio, con le sue 29 milioni di tesserate, è lo sport più praticato al mondo dalle donne.
Credo che in molti di voi, tale risposta trovi difficoltà a trovare un serio riscontro nel nostro territorio italiano, dove nonostante una crescita del movimento femminile sia negli ultimi anni esponenziale il mondo del pallone “al femminile” sia poco considerato dal pubblico ed ancora molto poco dai media.
In ogni caso le ragazze che in Italia, dopo il Mondiale di Francia, hanno iniziato ad indossare scarpette con i tacchetti e pantaloncini ed ha frequentare quadranti verdi sono state in molte.
L’aumento delle iscritte, delle giocatrici professioniste e semi-professioniste, degli allenatori qualificati e degli ufficiali di gara con qualifica Figc si sono riscontrate anche nel piano economico di questa industria, con investimenti che sono duplicati, se non triplicati, rispetto a dieci anni fa.
Numeri impressionanti che fino ad oggi nessuno avrebbe mai detto o scommesso in base alla popolarità di questo sport a livello globale; eppure, in Italia, si non continua a non crescere o meglio a credere che le ragazze devono fare altri sport, non il calcio.
In ogni caso la nostra Serie A femminile resta in forte crescita, registrando quasi 40mila tesserate, 10 milioni di appassionati e un oltre il 140% di audience televisivo, al momento aimè non si può affermare lo stesso per ciò che concerne il settore giovanile.
Le motivazioni principali legate allo sviluppo del calcio femminile italiano sono da ricercare nelle sue fondamenta: le squadre maschili dovrebbero meglio collaborare con società femminili locali, anziché sviluppare nuove squadre giovanili all’interno della medesima società, come già fanno in tanti paesi europei, e si già conquistata una meta preziosa.
A tutte queste difficoltà burocratiche, si aggiungono poi le solite retoriche di coloro che si professano tecnico e appassionati del calcio che, seduti comodamente dal proprio divano di casa, riversano costanti critiche alle ragazze non tanto per l’aspetto tecnico, ma per l’essere donne e, quindi, non “degne” o “non in grado” di praticare quello che, di fatto, è lo sport più praticato al mondo.