Il calcio femminile italiano, nonostante le sue difficoltà, sta pian piano iniziando ad avere un riscontro anche nelle famiglie, con l’obiettivo di far realizzare ai loro figli la possibilità di diventare un giorno quello che vogliono essere. Ovviamente c’è ancora tanto da lavorare, affinché questo sia possibile, soprattutto nel mondo del calcio, dove c’è ancora qualche reticenza sul portare le bambine a giocare a calcio.
Tuttavia, non la pensa in questo modo Gianbattista Milanesi, il quale ha una figlia che si chiama Giulia, la quale ha 13 anni e gioca nell’Under 15 della Polisportiva Airoldi da due annate e fa parte della Rappresentativa Regionale trentasei anni dopo suo padre.
Ebbene, la nostra Redazione ha raggiunto Giambattista, che in passato è stato un calciatore, per risponderci ad alcune domande.
Giambattista, come hai capito che tua figlia avrebbe avuto la passione per il calcio?
«Diciamo che è stata lei a chiedermi di voler giocare a calcio: prima aveva fatto un anno di pallavolo, poi ha cominciato a domandarmi di voler diventare una calciatrice, ma io, inizialmente non ero convinto, perché pensavo che il calcio fosse solo una cosa per uomini e non per donne. Poi, una volta vista in campo, ho notato che ha delle movenze che ricordano me: infatti, io ero un centrocampista e lei, sebbene sia mancina, gioca proprio dove ero in quella posizione. Inoltre, è una ragazza che gioca molto bene: è molto brava e molto tecnica, sebbene sia fisicamente piccolina».
C’è stato, in ogni caso, un po’ del tuo contributo a far crescere calcisticamente Giulia?
«Forse inconsciamente, perché io non l’ho mai spinta a giocare a calcio. Ma Giulia, sapendo che io giocavo, ha iniziato ad avere questa passione per il pallone: infatti, durante il periodo del Covid, noi abbiamo la fortuna ad Arese di abitare in un villaggio, dove avevamo vicino un campo da calcio e le avevo insegnato a calciare e a fare i passaggi, insomma le prime cose. Inizialmente voleva fare il portiere, ma dopo un paio di mesi ha capito che comunque poteva giocare benissimo fuori e alla fine ha cominciato a giocare come centrocampista».
Adesso tua figlia è nell’Under 15 della Polisportiva Airoldi. Come si sta trovando Giulia nella squadra?
«Diciamo che si sta trovando bene, perché è un’ambiente familiare, sia per noi genitori che per la stessa Giulia che ha delle compagne eccezionali. Io spero che lei resti qui per molto tempo, poi, dipenderà dalle sue future ambizioni».
Giulia è inoltre nella Rappresentativa Lombardia, proprio come te dopo trentasei anni. Che sensazioni ti sono arrivate?
«Sono riaffiorati vecchi ricordi, ho recuperato la vecchia maglia impolverata della Rappresentativa lombarda che tenevo in soffitta per farla vedere a Giulia e mi sono sentito orgoglioso e felice per la bella esperienza che potrà vivere».
Dato che sei genitore di una bambina che gioca a calcio, quanto è importante l’apporto della famiglia nella crescita di futura di un ragazzo o di una ragazza per diventare un calciatore o una calciatrice?
«Quest’anno ho sempre visto abbastanza correttezza da parte dei genitori e su questo sono anche contento. Ovviamente, non bisogna dare pressione ai figli. Parlando di me e Giulia cerco di non dargliela perché mi accorgo che, quando commento la sua partita dei consigli, si sente infastidita, perché preferisce ascoltare quello che dice il suo mister e penso che sia anche giusto così. Certo, a casa la incoraggiamo, compresa mia moglie che non è una grande amante dello sport, anche se in realtà la mia consorte, visto che è una professoressa, la pressa un po’ di più a livello scolastico».
Cosa vorresti dire a Giulia per il suo prossimo futuro?
«A Giulia direi di fare quello che si sente, di dedicarci anima, anima e corpo, perché ormai al giorno d’oggi devi dare tutto per raggiungere l’obiettivo, ma soprattutto di crederci: se sei innamorata di una cosa è una passione, puntare e andare avanti».
La Redazione di Calcio Femminile Italiano ringrazia Gianbattista Milanesi per la disponibilità.