Patrizia Panico, tecnico reduce dall’esperienza alla Fiorentina, nelle ore scorse si è concessa ai nostri microfoni. L’allenatrice laziale ha affrontato da protagonista l’ultima stagione di Serie A sulla quale ci dice:
“Ho visto un campionato sempre più competitivo, con squadre composte da giocatrici di grande prospettiva  accompagnate dall’arrivo di straniere con mentalità professionale e fisicità impressionante. Il nuovo format non mi ha entusiasmato, non ha avuto quella divulgazione mediatica che si sperava e neanche ha reso più avvincente il rush finale in vetta, mentre per la retrocessione è stato sicuramente più emozionante”.
L’ex punta, di Verona, Fiorentina, Torres, Lazio, Milan, Torino e Modena, sulla stagione da poco conclusa poi aggiunge:
“Il cammino in Europa di Roma e Juve è stato assolutamente positivo. Qualcosa in più ci si poteva aspettare dalla Juve, per l’esperienza maturata negli anni in questa competizione e per lo spessore internazionale della rosa. Spesso nel calcio il risultato finale non è la semplice somma delle cose. Il calcio italiano, grazie alle squadre in Champions e alla Nazionale, si sta pian piano togliendo da dosso quel senso di inferiorità che si respirava in passato, ora è arrivato il momento di non temere più nessuno.
Le 3 squadre in Champions potrebbero dare un ulteriore impulso ai club di investire con programmazione, professionalità e lungimiranza nel settore femminile”.
Sulla crescita del movimento, invece, la Panico, con 10 scudetti, 8 Supercoppe e 5 Coppe Italia vinte da calciatrice, sottolinea:
“In Italia il calcio femminile si è evoluto in termini di credibilità, di tutele e garanzie. Questo cambiamento ha preso forma grazie al coinvolgimento dei club professionistici maschili che ha reso questo sport appetibile e gratificante. Può e deve migliorare su tanti altri aspetti, dai settori giovanili passando alle infrastrutture per arrivare al coinvolgimento di figure professionali che abbiano vissuto questo sport in prima linea garantendo alle giocatrici di oggi un futuro lavorativo domani”.
La classe ’75 nata a Roma, che ha lasciato il calcio giocato nel 2016, poi sposta l’attenzione sul Mondiale in chiave Azzurra:
“Penso che ci sia tanta voglia di dimostrare chi siamo. Dove arriveremo non lo so, posso dire che le giocatrici sono pronte a mostrare determinazione e consapevolezza dei propri mezzi. In queste competizioni internazionali riuscire a trovare subito una chiara e solida unione di intenti può essere determinante a rafforzare il concetto di squadra, cosa che la maglia azzurra deve saper trasmettere sempre”. 
Che Mondiale vedremo? La Panico non ha dubbi:
“Vedremo una manifestazione in cui si saranno assottigliate le differenze fisiche, tecniche e tattiche. Alcune nazionali stanno crescendo ed immagino anche qualche bella sorpresa, forse non ancora ai fini della vittoria finale ma sicuramente ci saranno delle sorprese”.
Obiettivo per l’Italia? L’ex calciatrice, con oltre 600 gol in Serie A, punta in alto:
“Il passaggio del girone è un obiettivo e penso sia sulla carta possibile così come ha dichiarato Milena, ma non porrei limiti a questa squadra. Il passaggio del turno può essere alla nostra portata non dobbiamo pensare troppo agli avversari ma prima convincerci di quanto valiamo, chi siamo, senza pensare a dove possiamo arrivare. Essere al mondiale per la seconda volta di fila è già un buon punto di partenza”.
Mondiale opportunità per dare sempre più credibilità al calcio femminile? Panico ci dice la sua:
“Le azzurre devono pensare solo a giocare come sanno fare. Io sono dell’idea che caricarsi di ulteriori responsabilità possa solo appesantire la performance, quello di cui abbiamo bisogno è semplicemente vivere le emozioni che riusciranno a trasmetterci, al di là dei risultati”.
La coach, che con 204 presenze e 110 reti detiene i record azzurri nelle due categorie, evidenza anche l’attenzione verso il calcio femminile:
“Prima di tutto c’è maggiore conoscenza, quindi maggiore aspettativa e di conseguenza maggiore esposizione a critiche. Credo faccia parte del modo in cui in Italia ci si sente tutti allenatori e conoscitori della materia, delle volte è piacevole essere sotto i riflettori altre volte può essere pericoloso. Quello che posso consigliare è di mantenere sempre  equilibrio, lucidità ed onestà intellettuale, sia per chi giudica ma soprattutto per chi viene giudicato”.
La chiusura della Hall of Fame del calcio italiano, dal 2105, è sui ricordi in Azzurro sui quali non si sbilancia:
“Sono talmente tanti i momenti che
e ho vissuto in Azzurro che menzionarne solo uno sarebbe riduttivo. Sono entrata in Nazionale a 18 anni come giocatrice e sono uscita a 46 come allenatrice, quindi quasi 3 decenni di maglie azzurre, è difficile poter trovare un’unica emozione che possa raccontarli”.