Sin dal suo arrivo alla Samp durante la sessione invernale di calciomercato, Dominika Čonč è subito diventata un tassello fondamentale del centrocampo blucerchiato. Dopo aver mosso i primi passi nel mondo del calcio a Maribor, sua città natale, la calciatrice slovena si è distinta in numerose avventure all’estero, tra Danimarca, Spagna e Italia. Degno di nota anche la sua esperienza in nazionale, dagli esordi con l’Under17 alla prima squadra.
Giocatrice contraddistinta da una notevole visione di gioco e da un’ottima propensione naturale al tiro e al goal, la Čonč è subito rientrata nelle dinamiche e nei progetti di mister Cincotta, contribuendo alla storica conquista della salvezza delle blucerchiate. La nostra redazione ha avuto il privilegio di intervistare la calciatrice, ripercorrendo insieme a lei le tappe fondamentali della sua carriera e avendo l’opportunità di saperne un po’ di più sul mondo del calcio femminile in Slovenia e sui grandi giovani talenti che il suo paese sta lanciando negli ultimi anni.
Come hai conosciuto il calcio e come ti sei innamorata di questo sport?
Sin da quando ne ho memoria, mi sono sempre piaciuti gli sport che avevano a che fare con un pallone. Come nella maggior parte dei paesi, il calcio è uno delle attività sportive più popolari in Slovenia. Nonostante ciò, non era la mia prima scelta. Inizialmente volevo giocare a tennis, ma mio padre mi disse che la nostra famiglia non avrebbe avuto denaro sufficiente per sostenere la mia carriera. In qualche modo, aveva già compreso che non avrei mai praticato uno sport solo per divertimento o hobby. A quel punto, il calcio fu dunque la mia seconda scelta. Appena calpestai per la prima volta il manto erboso del campo, m’innamorai profondamente di questa disciplina. In quell’anno, ricordo che la nazionale maschile si qualificò per un importante torneo internazionale e ciò spinse molti ragazzi ad iniziare a giocare a calcio.
Raccontami la tua esperienza nelle giovanili del Maribor. Qual era il livello delle strutture e dei metodi di allenamento e cosa è cambiato, secondo te, ad oggi?
Da piccola ero l’unica bambina in una squadra di maschi. Nei primi anni non notavo ancora la differenza e devo dire di essere stata fortunata nell’aver trovato due allenatori che mi trattarono sempre allo stesso modo dei bambini. Compiuti dodici anni, non potevo più continuare a giocare con i maschi, tuttavia mi permisero di allenarmi con loro ancora per un anno, senza però poter giocare. Successivamente, iniziai a farlo anche da sola. Ho vissuto a lungo lontano dalla Slovenia, motivo per cui non conosco bene la situazione attuale. Detto ciò, penso che molto dipenda dall’allenatore con cui si ha a che fare in una squadra. Secondo me, la differenza più grande rispetto al passato sta comunque nel fatto che le ragazze possono giocare con i ragazzi per più tempo. Il limite dovrebbe infatti essere intorno ai quindici anni, un’età molto importante per lo sviluppo e la crescita di una calciatrice.
Hai avuto l’incredibile occasione di studiare negli Stati Uniti. Cosa ti ha insegnato questa avventura dentro e fuori dal campo?
Sono stata davvero fortunata a poter giocare e studiare negli Stati Uniti. Se fossi rimasta in Slovenia avrei dovuto fare una scelta: il calcio ai massimi livelli o lo studio. Avendo potuto concludere i miei studi, infatti, ho potuto ottenere un titolo che mi aiuta nella mia professione attuale. Da un punto di vista prettamente calcistico, ho imparato ad essere più forte, più rapida e più fisica. Negli USA ci sono inoltre delle strutture formidabili. Al di là del calcio, ho raggiunto la piena indipendenza, diventando capace di prendermi cura di me stessa, imparando a mantenere la calma in ogni situazione e, soprattutto, ad essere mentalmente aperta. Ho compreso come essere sempre sincera con me stessa e autentica, senza tener conto degli standard accettati dalla maggior parte della società, imparando anche ad accettare, senza mai giudicare, gli altri per quelli che sono. D’altronde, a voler dirla tutta, ognuno di noi è diverso e “strano” sotto qualche punto di vista. L’esperienza negli Stati Uniti mi ha anche aiutato a parlare inglese con maggiore fluidità, permettendomi di creare molti legami con persone provenienti da ogni parte del mondo. Lì ho anche trovato una seconda famiglia e posso dire che solo vivendola sulla propria pelle è possibile comprendere l’entità di un’esperienza del genere!
Ritornando in Slovenia, quanto pensi sia migliorato il campionato femminile nell’ultimo decennio? A che punto è, secondo te, la cultura calcistica femminile nel tuo paese?
La differenza principale rispetto al passato sta nel fatto che le ragazze di oggi sono tecnicamente più forti. Ciò è stato possibile grazie alla nascita di scuole e accademie calcistiche che prima non c’erano. Un altro elemento che va sottolineato è il maggior numero di giovani calciatrici che si sta affacciando a questo sport negli ultimi anni. Il problema, però, è che il massimo campionato non è ancora professionistico e questo fa si che, raggiunta una certa età, molte ragazze smettano di giocare per iniziare a lavorare. La situazione di questo torneo, a cui partecipano attualmente appena otto squadre, non sembra voler migliorare. Non è stato ancora escogitato un piano per poter finanziare al meglio le squadre e, nell’attesa che venga compiuto questo passo in avanti necessario, molte società sono condannate alla chiusura. Basti pensare, ad esempio, che il club della mia città natale non esiste nemmeno più. È molto triste e vergognoso perché la stessa Maribor è considerato il luogo in cui la passione per il calcio è più forte rispetto al resto del paese. La squadra maschile locale è ancora in vita ma non sembra intenzionata ad averne anche una femminile, motivo per cui il mio club è fallito.
Ripercorriamo insieme la tua carriera in Ženska Liga, tracciando i principali momenti chiave.
Nel 2006, quando avevo tredici anni, mi unii allo ŽNK Maribor. La società aveva solo l’Under17 e la prima squadra, ma io ero troppo giovane per entrambe. Una volta raggiunta l’età giusta, iniziai a giocare contemporaneamente per tutte e due, scendendo in campo con le giovanili il sabato e con le più grandi la domenica. Rimasi allo ŽNK Maribor fino al 2010, anno del mio passaggio allo ŽNK Krka. Rimasi lì per metà stagione, debuttando sia nel turno di qualificazione di Champions League sia nella competizione vera e propria. Dopo questa esperienza, mi trasferii negli Stati Uniti e, una volta finiti gli studi nel 2015, tornai in Slovenia e giocai nuovamente nella fase preliminare di Champions con lo ŽNK Pomurje. Al termine di quest’altra avventura calcistica, rientrai allo ŽNK Maribor per poi cercare la fortuna all’estero.
Hai avuto l’opportunità di debuttare anche in Champions League. Cosa hai provato il giorno dell’esordio?
Avevo diciassette anni e giocammo contro il Linköping in Svezia. Fu un’esperienza incredibile. Le svedesi erano avanti anni luce rispetto a noi e ciò diventò ben presto un grande incentivo per me a raggiungere, un giorno, il loro livello.
Parlando invece della tua avventura in Danimarca, quali differenze hai trovato nel campionato danese rispetto a quello sloveno?
La differenza più grande sta nella mentalità delle persone. In Danimarca, il calcio femminile è infatti ampiamente supportato ed il campionato è ad un livello più alto. Il Fortuna Hjørring ed il Brøndby, ad esempio, sono stati per molti anni dei club molto importanti non solo a livello nazionale, ma anche in Champions League. Molte importanti calciatrici danesi giocano in tutta Europa in alcune delle squadre più forti e blasonate. Per non parlare dei grandi successi della nazionale.
Cosa ti ha poi spinto a spostarti in Spagna? Quali sono i ricordi che conservi con maggior cura delle avventure professionali tra Espanyol e Malaga?
In Spagna ho avuto un’altra importante esperienza di vita, decisamente diversa dalle altre. È un paese calcistico in cui il calcio femminile è esploso negli ultimi anni. È stato un onore aver giocato in alcuni dei club più grandi de La Liga. Ho imparato molto sul loro stile di gioco e sulla loro passione per questo sport. Ho anche avuto modo di apprendere lo spagnolo e sono stata fortunata per aver vissuto in città semplicemente meravigliose. Questa esperienza, infine, mi ha anche permesso di conoscere molte persone e di creare importanti legami personali.
Adesso spostiamoci in Italia. Come ti sei sentita quando il Milan ti ha cercato per la prima volta e cosa ti ha spinto ad accettare la proposta delle rossonere?
Il Milan è una delle squadre più grandi e importanti del mondo, motivo per cui non ebbi alcun dubbio quando mi contattarono. La loro chiamata fu motivo di grande orgoglio per me e non mi lasciai sfuggire per niente al mondo quell’occasione incredibile. Con il passaggio al Milan feci un salto di qualità da squadre di media o bassa classifica ad una formazione abituata a lottare per lo scudetto e questo è sicuramente stato un passo cruciale per il mio percorso professionale. Posso dire, senza alcun dubbio, che si trattò di un’esperienza completamente diversa dalle precedenti. Parlando dell’accoglienza, l’ambiente rossonero mi ha fatto subito sentire a casa e le mie stagioni a Milano sono state le migliori della mia carriera fino a questo momento.
Sei una centrocampista con una notevole intelligenza tattica ed un’importante capacità realizzativa, quanto utili hai trovato le indicazioni di Maurizio Ganz per migliorare queste abilità?
Mister Ganz è un allenatore di grande esperienza e, senza ombra di dubbio, i suoi consigli mi hanno aiutato molto in campo, rendendo speciale e particolarmente positiva la mia prima stagione in rossonero.
Il ritorno alla Sampdoria è stata una sorta di rinascita calcistica dopo la breve parentesi valenciana. Cosa ti ha spinto ad accettare la proposta blucerchiata?
Ci sono stati alcuni aspetti che mi hanno colpito e intrigato molto, come, ad esempio, il progetto che la Sampdoria sta costruendo. Ciò che mi ha convinto è la base incredibilmente sana e serena su cui poggia la loro idea di squadra. C’è un’energia positiva in tutto l’ambiente e questo, per me, è il fondamento di ogni successo. Un altro importante aspetto che mi ha spinto ad accettare l’offerta blucerchiata sono state la grande fiducia e la forte volontà di mister Antonio Cincotta e del responsabile del settore femminile, Marco Palmieri, nel portarmi qui. Tutto ciò significa molto per me e mi permette di dare il massimo ogni giorno!
In che modo pensi che lo stile di gioco di mister Cincotta ti stia aiutando a migliorare?
Non parlerei solo di stile di gioco, bensì anche della sua esperienza e della sua instancabile volontà nell’aiutare ogni singola giocatrice a migliorare di giorno in giorno. Durante ogni allenamento, il mister trova sempre un modo per spingerci ad uscire dalla nostra comfort zone e a crescere, assicurandosi anche che ciascuna di noi sappia che lui crede in noi, al di là di qualsiasi errore o di una brutta prestazione. Questo è l’ambiente giusto per migliorare!
Qual è, secondo te, il livello tecnico raggiunto dalla Serie A? E soprattutto, a cosa potrà puntare concretamente la Samp nella prossima stagione?
La Serie A sta diventando sempre più competitiva di anno in anno. Con l’avvento del professionismo, un campionato a sole dieci squadre, partite di alto livello anche in Champions League, l’arrivo di ottime calciatrici dall’estero, nuovi investimenti dalla FIGC e altri importanti aspetti positivi, il torneo sta diventando uno dei più importanti al mondo. È ancora un processo work in progress, tuttavia la situazione sta cambiando molto rapidamente. In questo modo, anche il livello della proposta calcistica sta aumentando ed è possibile assistere a partite di grande spessore.
Concludiamo ritornando, ancora una volta, alla tua Slovenia. Quali sono, a parer tuo, i punti di forza della nazionale e a cosa potrà puntare in un prossimo futuro?
La Slovenia è un paese molto piccolo e, rispetto ad altre nazioni, ha una quantità di giocatrici decisamente inferiore. Nonostante ciò, è in atto un processo di formazione di una nazionale molto forte che, come dimostrato dalle ultime due partite contro la Francia, è già in grado di competere con qualsiasi altra squadra del mondo. Uno dei nostri principali punti di forza sta nella composizione del gruppo centrale della rosa. La maggior parte di noi, infatti, si conosce e gioca insieme da almeno 15 anni. Siamo unite l’una all’altra da profondi legami di amicizia anche fuori dal campo e questo è molto importante per il clima che si respira nello spogliatoio. Inoltre, molte di noi giocano all’estero e la nostra esperienza internazionale ha sicuramente giovato al gruppo. Venendo dalla Slovenia, ciascuna di noi deve lottare costantemente per dimostrare il proprio valore e, per questo, siamo mentalmente molto forti e non diamo mai nulla per scontato. Le giovani calciatrici che stanno entrando in prima squadra, alcune delle quali sono già parte integrante della rosa titolare, hanno frequentato accademie di calcio ed hanno quindi una buona base che permette loro di contribuire qualitativamente alla nazionale. Siamo dunque riuscite a creare una grande alchimia nello spogliatoio e questo è sicuramente il principale segreto del nostro successo. Questa energia positiva, unita all’esperienza delle tante giocatrici impegnate in campionati stranieri di livello, e a grandi disciplina e abnegazione in allenamento, ha contribuito al raggiungimento di importanti traguardi. Attraverso le partite e i risultati ottenuti contro le migliori squadre del mondo, abbiamo infatti dimostrato a noi stesse di essere abbastanza forti per poter competere con loro. Al momento manca inoltre davvero poco per poter entrare nella loro cerchia, passando da una piccola nazionale che si limita a partecipare alle qualificazioni senza troppe ambizioni, ad una formazione in grado di giocarsi i tornei più importanti fino alla fine. Siamo ancora in corsa per strappare un biglietto per i Mondiali 2023 in Australia e Nuova Zelanda e faremo di tutto per riuscirci e diventare così la sorpresa più grande della storia del calcio femminile.
Dulcis in fundo, negli ultimi anni la Slovenia sta sfornando una quantità notevole di giovani calciatrici di grande prospettiva. Cosa consiglieresti loro per costruire al meglio la loro carriera? E soprattutto, secondo te, di chi è il merito principale della nascita di questa interessante generazione di talenti?
Ci sono molte giovani calciatrici di grande talento in Slovenia e penso che ciò sia dovuto a molteplici fattori. Il primo è, senza alcun dubbio, la costante diffusione e l’aumento della popolarità del calcio femminile a livello mondiale. Grazie ad una maggiore visibilità, c’è anche un maggior numero di ragazze che vuole giocare a calcio. Un altro fattore è il leggero cambiamento della mentalità delle persone e del loro atteggiamento nei confronti di questo sport. Infatti, un numero crescente di genitori permette alle proprie figlie di iscriversi a scuole calcio. Fortunatamente, ci sono anche persone molto tenaci che stanno investendo gran parte delle loro energie e risorse nello sviluppo di questo mondo. Ad esempio, hanno recentemente organizzato un corso di calcio per ragazze in una delle principali scuole superiori di Ljubljana, permettendo alle giovani più talentuose di vivere lì, dedicandosi parallelamente allo sport e allo studio. Un ulteriore fattore che ha contribuito alla nascita di questa nuova generazione d’oro sta anche nel fatto che le ragazze si allenano e competono più a lungo con i ragazzi rispetto al passato. Nonostante ciò, come già detto in precedenza, il campionato sloveno è ancora ad un livello molto basso, dunque consiglierei a queste ragazze di tentare la fortuna all’estero, cercando una squadra con condizioni migliori per crescere e migliorare e, ovviamente, assicurandosi l’opportunità di giocare con continuità.