Giornata speciale quella vissuta dagli studenti americani della Link Campus University di Roma e per diverse calciatrici che hanno aderito al programma College Life Italia. All’ateneo capitolino infatti c’è stata la visita di un campione del mondo con la Nazionale Azzurra del 2006. Marco Materazzi si è presentato a studenti e atleti del college italiano per raccontare l’esperienza che lo ha visto diventare uno dei calciatori più vincenti del nostro calcio. A fare le veci di questa visita ci hanno pensato Antonio Cincotta, tecnico della Sampdoria Women nonché docente presso la American University of Rome, e Stefano Elio Radio, presidente di College Life Italia. L’ex difensore di Perugia, Everton e soprattutto Inter, ha preso la parola poco dopo l’ora di pranzo e, per circa due ore, ha intrattenuto gli studenti della Link Campus raccontando la storia della sua carriera. Data la presenza di diversi ragazzi stranieri, il tecnico Antonio Cincotta, oltre a svolgere un ottimo lavoro di mediatore ed intervistatore, ha tradotto l’intera chiacchierata in lingua inglese facilitando la comprensione per chi non mastica la nostra lingua. Il risultato è stato un evento dal quale tutti i partecipanti hanno portato a casa un insegnamento concesso da un uomo, prima che un calciatore, che è riuscito ad arrivare sul tetto del mondo.
“Sono onorato di essere qui con e vi ringrazio per il supporto – esordisce Materazzi dopo una breve clip di presentazione –. Nella mia vita ho svolto un percorso molto simile a quello che state facendo voi studenti. Sin da quando avevo cinque anni sognavo di giocare il Mondiale. Ne ho disputati due, vincendone uno quindi sono riuscito a realizzare i miei obiettivi. Ma ho passato anche momenti molto difficili: c’era un periodo in cui nessuno mi voleva ed ho trovato tanto porte chiuse in faccia. A 22 anni giocavo in quinta divisione a Marsala. Ho giocato anche qui a Roma col Tor di Quinto in terza categoria che è l’ultimo dei campionati che esistano. Tra l’altro vinsi anche lo scudetto juniores con loro. Un giorno mi acquistò il Trapani, in C1, ma l’allenatore mi disse che per sei mesi non avrei giocato. Mi stava preparando perché diceva che avevo la stoffa per stare coi professionisti. Poi arrivò il Perugia in B dove sono stato anche capitano e vinsi il campionato, poi passai in Inghilterra all’Everton e sono tornato in Italia a Perugia dove, due anni dopo, arrivò la prima chiamata in Nazionale maggiore. Ho disputato il Mondiale di Corea 2002, l’Europeo 2004 e infine il Mondiale in Germania. In semifinale al Westfalen stadio di Dortmund c’era un’atmosfera surreale ma sapevamo che loro ci temevano. Questo ci aiutò a vincere la partita ai supplementari. Noi italiani se ci uniamo veramente siamo capaci di fare cose granfiose.
Qual è l’importanza di creare un convivenza tra giovani ed anziani all’interno di uno spogliatoio? – chiede mister Antonio Cincotta
L’assenza di gelosia innanzitutto. Io mi sono sempre sentito un leader all’interno del gruppo. Non necessariamente deve essere il capitano della squadra. L’importante è riuscire a farsi seguire. Più leader ci sono all’interno dello spogliatoio e meglio è. Le squadra che solitamente si appoggiano ad un unico capo poi non vincono mai niente. Nella mia carriera ho cercato anche di essere une educatore per i più giovani. All’Inter avevo preso sotto la mia tutela Mario Balotelli, che reputo il giocatore italiano più forte che abbia mai visto. Peccato solo che gli piacesse troppo divertirsi e non sia mai riuscito a mostrare al 100% il suo potenziale. Ancora oggi io penso che abbia fatto vedere solo il 50% di quello che effettivamente sa fare e questo è un gran peccato. Gli voglio bene come ad un fratello. Un mese fa mi ha chiamato dicendomi: “Marco, se fossi stato al posto tuo, di buffetti me ne sarei dati molti di più [ride ndr]”.
Secondo te che caratteristiche deve avere un allenatore moderno? Ci racconti il rapporto speciale che avevi con José Mourinho?
José ha una grande capacità che è quella di creare empatia all’interno di uno spogliatoio. Io dico sempre che non c’è avversario che non lo odi ma non c’è neanche giocatore che ha allenato che non lo abbia amato. Penso che un allenatore debba essere sempre aggiornato sulle nuove tattiche e metodologie di allenamento che il calcio offre. Chi non riesce a stare al passo coi tempi purtroppo si ritrova a giocare in una maniera che a me personalmente non piace. Io per esempio sono un detrattore della costruzione dal basso. Per me la palla non deve mai viaggiare a pochi metri dalla porta. Dico sempre che si sono 100/150 metri di campo no? Se perdi palla al limite dell’area di rigore per l’avversario è più facile segnare. Se lo costringi a ripartire da lontano l’avversario fa fatica e non sempre va a segno. Se ci ripenso è così che abbiamo giocato a Barcellona in semifinale di Champions League. Loro ci hanno segnato a cinque minuti dal termine ma in virtù del risultato d’andata noi ci siamo comunque qualificati per la finale che poi divenne solamente una formalità.
E a proposito di quella cavalcata storica in Champions, quale fu il segreto di quel successo?
Ci siamo uniti nel corso degli anni. Con l’Inter molti di noi avevano comunque vinto numerosi trofei. Quindi avevamo già esperienza in termini di vittorie tra campionato, Coppe Italia e Supercoppe Italiane. Allo stesso tempo ci è rimasta dentro l’amarezza di quel maggio 2002 quando abbiamo perso la partita contro la Lazio che ci ha tolto il titolo dal petto. Questi eventi hanno forgiato il nostro carattere che poi abbiamo trasmesso anche ai nuovi arrivati. E in quella stagione sono venuti a giocare all’Inter dei pezzi da novanta come Eto’o, Sneijder, Lucio, Thiago Motta e Milito. A gennaio è arrivato anche Pandev, altro giocaotre che ha dato tanto all’Inter. Con l’empatia che José era riuscito a creare tra di noi siamo andati a vincere contro i campioni di Russia, quelli d’Inghilterra, quelli di Spagna, i marziani del Barcellona ed infine quelli di Germania a Madrid.
Quali motivazioni ti hanno tirato su nei momenti di sconforto?
Io non ho mai dato retta alle voci che provenivano fuori dall’ambiente Inter. Ho sempre reso onore ai tifosi che mi amavano e mi volevano bene. Quelli delle altre squadre non li consideravo proprio. Anzi loro mi servivano proprio come stimolo per fare meglio quando le cose andavano male.
Infine, Materazzi chiude l’incontro parlando di come si è conclusa la sua avventura con il calcio e come si è adattato ad una vita post calcistica, lasciando un insegnamento utile per chi verrà dopo di lui per quando arriverà il suo momento di dire basta:
Quando ho dato l’addio al calcio giocato la mia vita è stata meravigliosa. Io ho avuto la fortuna di sposarmi e da avere due figli. Quando con l’Inter si è chiusa la porta per poter continuare a giocare mi sono dedicato di più alla mia famiglia. È stata una cosa strana: all’Inter era appena arrivato Leonardo il quale mi disse che sarei stato presuntuoso se avessi pensato che avrei giocato qualche partita in nerazzurro. Avevo anche raggiunto un’età piuttosto avanzata per un calciatore. Mi rimanevano due anni di contratto con l’Inter ma dopo quelle parole ho deciso a quel punto di farmi da parte e di dedicarmi alla crescita dei miei figli. La società inoltre scelse di non stralciare il contratto e ha continuato a pagarmi per due stagioni nonostante avessi smesso. Oggi ci sono diversi ex calciatori che non hanno o sono rimasti senza niente. Per costoro il calcio era tutto quello che avevano e non sono stati in gradi di costruirsi una vita al di fuori di esso o di reinventarsi quando hanno chiuso la carriera. Hanno preso delle decisioni sbagliate e purtroppo ne pagano lo scotto. Io per fortuna, sotto quel profilo, ho ottenuto tutto quello che potevo ottenere e mi sto dedicando alla crescita dei giovani. Ancora oggi ringrazio i tifosi che mi osannano costantemente sapendo che, senza di loro, forse non sarei mai esistito.
Si chiude con queste meravigliose parole l’incontro con Marco Materazzi che poi si concede a foto ed autografi con gli studenti presenti.
Credit Photo: Stefano Berardo
Ringraziamenti: Antonio Cincotta, tecnico Sampdoria Women
Stefano Elio Radio, Presidente College Life Italia
Link Campus University