Un ruolo fondamentale nella crescita di questo sport lo gioca e lo giocherà sempre di più il mondo dei mass media. Sempre più emittenti televisive stanno investendo nel calcio femminile: basti pensare a Sky Sport da noi e a BT Sports in Inghilterra. Quest’ultima ha registrato picchi di 89mila telespettatori per la Fa Women’s Super League. La fiducia riposta dai colossi della comunicazione nel calcio in rosa, oltre a portare consapevolezza al movimento, aiuta i club anche a livello economico.
La disciplina si è ritagliata il proprio spazio all’interno dello scenario televisivo sportivo. Con tale crescita, gli altri sport considerati minori rispetto ai top (calcio maschile, basket, tennis…) rischiano di essere relegati in posizioni di inferiore importanza. “Entro il 2030, il calcio femminile sarà diventato uno sport comune”, afferma Ebru Koksal, leader del network Women in Football. “Ad eccezione dei massimi livelli del campionato maschile, potrà comunque competere con le leghe inferiori, o altri sport come rugby, cricket o tennis”. Stando a queste dichiarazioni, il Sun ha stimato uno sviluppo dei ricavi comunicativi per il calcio femminile. I cinque principali campionati europei potrebbero godere di incassi variabili tra i 216 e i 346 milioni di sterline (400 milioni di euro).
Un aumento del giro di liquidità all’interno dei campionati provocherebbe a catena una serie di provvedimenti necessari per il professionismo delle leghe. Nella settimana scorsa, ha tenuto banco la questione che coinvolgeva la FA e l’assenza di un piano per l’introduzione di arbitri a tempo pieno per la FWSL. Sull’argomento è intervenuta Joanna Stimpson, designatrice dei referee nel campionato femminile inglese. “La nostra visione è quella di avere ufficiali di gara a tempo pieno per la FWSL. Ma purtroppo siamo condizionati dal valore del campionato. Se ci fossero nuove fonti di reddito da qualche parte, le cose potrebbero cambiare”.
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