Lo sport di squadra, a Brescia, è per tutti i gusti. Ma non per tutte le tasche. Ogni disciplina è rappresentata, tra prima e seconda serie; un unicum in tutta Italia, senza distinzioni tra sport «celebri» e i «figli di un dio minore». Tra città e provincia c’è spazio per tutti, dal calcio alla pallamano, con le quote rosa ben rappresentate. Queste le premesse. La tesi, già anticipata, è che il portafoglio dell’appassionato medio deve essere a fisarmonica. E non sempre, anzi quasi mai, il costo del tagliando dipende dalla classifica della singola squadra: le società bresciane impegnate anche in Champions League, ossia An e Brescia calcio femminile, praticano la politica delle porte aperte. Le entrate dal botteghino diventano accessorie: conta di più fidelizzare il rapporto con il pubblico.
Dove lo sport è gratis
Se l’ingresso al Club Azzurri per assistere alla Serie A di calcio femminile costa 5 euro simbolici (i controlli alla cassa non sono sempre ferrei…), e altrettanto economico è l’abbonamento (40 euro), nella piscina di Mompiano il biglietto è gratuito da 5 anni. Una scelta precisa della società An, per evitare la fobia dei seggiolini vuoti, ripagata dagli 800 fedelissimi che seguono i vicecampioni d’Italia. La pallavolo femminile, tornata in città – gioca però a Bagnolo Mella – con la Millennium, ha sposato una strategia analoga. Abbonamenti aboliti, per il rischio di registrare un flop e privare la squadra, neopromossa, del sostegno del pubblico. Il prezzo della singola partita è stato ridotto a 8 euro, ma è ancora previsto, perché un incasso di 4 mila euro può aiutare a far tornare i conti a fine stagione. La pallamano, fanalino di coda per seguito popolare a causa di una cultura italiana refrattaria a uno degli sport più praticati (specie nelle scuole) nel Nord Europa, sceglie a sua volta di evitare i ticket all’ingresso. Si gioca al sabato, giorno già nemico delle buone affluenze. Meglio evitare altri paletti.
I più cari? Calcio e basket
Brescia calcio e Germani fanno storia a sé. Stravincono il derby sugli spalti con le altre «sorelline», forti di numeri che le pongono tra le regine del consenso popolare nei rispettivi campionati. Al Rigamonti, da tempo, i biglietti hanno prezzi accessibili (la tribuna vip, a 100 euro, falsa il dato) e il piano abbonamenti, a basso costo, ha funzionato: è raro andare sotto i 7 mila a Mompiano (ottavo posto in B) ed è ancora più raro scendere sotto quota 4 mila al Pala George per la Germani, il cui effetto tsunami non accenna a fermarsi nonostante il rincaro dei biglietti con il passaggio in A. Una Curva a Montichiari costa circa il doppio rispetto al Rigamonti, eppure i seggiolini vuoti si contano sulle dita di una mano. A metà strada rugby e pallavolo d’alto livello: Calvisano, forte di 5 scudetti, ha uno zoccolo durissimo di oltre mille tifosi e attua la politica del prezzo unico (14 euro), mentre la A1 femminile di pallavolo sfiora le 2 mila presenze medie, meno della metà rispetto ai coinquilini della pallacanestro: i tagliandi sono più accessibili, ma non basta per reggere il confronto. Incide, in minima parte, anche la diffusione in streaming del campionato di volley – inclusa la Centrale di A2 – su Sportube, canale che da 3 anni trasmette in rete la Lega Pro. Rugby e pallanuoto sono messe peggio: pure mamma Rai si è defilata quest’anno, lasciando i due tornei al buio sino ai play off. Alle società, in certi casi, non resta che autoprodurre dirette radio o tv – è il caso del calcio femminile – per venire incontro a chi non vuole sfidare il freddo. A far quadrare i conti pensano così gli sponsor, anche in tempo di crisi. E finché sconfitta non li separi.