Uno sport intramontabile quello del calcio. Eppure la maggior parte di noi associa a questa disciplina sportiva il sesso maschile: il calcio è una attività per uomini. Ed ora smentiremo queste credenze meramente popolari perché non solo il calcio femminile esiste ma è anche uno sport che vede la partecipazione di professioniste di ottimo livello. Nulla da invidiare agli uomini, insomma. Anzi, finirà che saranno gli uomini ad invidiare la prestazione sportiva delle donne.
No, non si tratta di una polemica di gender o dell’essere femminista o meno, diciamo solo che le donne smentiscono le credenze ed hanno delle capacità agonistiche davvero sorprendenti, come testimonia la Roma Calcio femminile che, nata ufficialmente nel 1965, dal 1971 è affiliata alla Federcalcio.
Vincitrice di uno scudetto nel 1969 e una Coppa Italia nel 1971 nel 2007 ottiene un Premio Roma Coni come miglior società sportiva del Lazio per gli eccellenti risultati.
La Roma Calcio Femminile è inoltre una delle migliori società di calciatrici femminile per la Scuola Calcio. Presieduta da Marco Palagiano, la società ha oltre 100 ragazze tesserate e nella scorsa stagione ha vinto la Coppa Disciplina e numerosi tornei di prestigio. Il Calcio a 11 gioca presso il Danilo Vittiglio del Pro Roma in zona Largo Preneste.
Intervistiamo una delle calciatrice il giorno 13 novembre, poche ore dopo il derby di Serie B Roma Femminile – Lazio Women 2015. La vittoria della squadra introduce il clima di entusiasmo con il quale Noemi Visentin, classe 2000 e quindi davvero giovanissima, affronta le domande. Il calcio femminile è davvero da sempre percepito come una disciplina tipicamente maschile. Forse si tratta di un ingenuo sessismo che è tipico degli italiani, donne e uomini di ogni età.
Eppure Noemi, nonostante la sua giovane età afferma convinta: “Ho scelto questo disciplina perché è una rivincita per le donne. Noi sappiamo dimostrare che possiamo essere anche più forti degli uomini”.
Anche Fabrizio Pantanè, preparatore atletico della Roma Calcio Femminile, sembra darle ragione, anche se in modo differente. Sostiene infatti Pantanè che nella sua vita professionale allena anche uomini: “Le differenze di genere a livello strutturale sono soprattutto di natura fisica ma la determinazione delle donne è davvero molto più forte, insuperabile. Le trovo più predisposte al lavoro già a 14, 15 anni. Chi denigra il calcio femminile non sa di cosa parla.”
Eppure Noemi parla di una differenza di concezione del calcio femminile che si concretizza proprio attorno a lei, tra i suoi amici, tra i suoi conoscenti.
Afferma la calciatrice: “I miei amici maschi non sono d’accordo con questa mia scelta: loro credono che il calcio sia uno sport solo per uomini”.
E allora viene spontaneo domandare del rapporto con la famiglia, con il padre in particolare: “Mio padre mi ha sempre sostenuta, da quando avevo 8 anni e già giocavo a calcio. Anche mia madre mi ha sempre supportata ed è sempre stata disponibile con me. Ho anche un fratello che gioca a calcio ed una sorella che, anche se non è giocatrice, mi sostiene e viene sempre a vedere tutte le mie partite”.
E’ così entusiasmante sentire parlare Noemi che suona davvero strano pensare che in Italia esistono poche squadre di calcio femminile ed anche pochi investimenti relativi a questa attività sportiva. Forse anche per colpa dei pregiudizi e delle dicerie.
Però è curioso pensare che sebbene il calcio sia sport da uomini, Pantanè sostiene:
“I numeri che nel nostro Paese riguardano il calcio femminile sono un fenomeno tutto italiano. All’estero la concezione di questa disciplina è completamente diversa.”
Che la Roma Calcio Femminile sia una squadra forte e coesa lo conferma anche Noemi eppure se proviamo a fare “l’avvocato del diavolo” e a chiedere se esiste un difetto che si possa associare ad una squadra femminile lei esita e poi risponde ingenuamente: “forse un difetto potrebbe essere la presunzione che a volte domina tra noi”.
Non dovremmo contraddirla ma nello sport la presunzione, a volte è lecita. Però come diceva un grande del calcio, Arrigo Sacchi: “A pallone ci possono giocare tutti. A calcio soltanto in pochi.”
E non ha distinto uomini da donne.